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Quando Cina e India fanno guerra alla pazienza

di Paolo Bricco

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17 settembre 2009

Il mondo è vasto e ostile. E tu sei minuscolo. Le imprese italiane del tessile, soprattutto quelle di piccole dimensioni, ogni giorno giocano al buio: devono azzeccare le mosse giuste e devono correre veloci, per non essere sopraffatte.
Vuoi esportare i tuoi piumini e i tuoi impermeabili? Allora rinuncia alla tua completa autonomia. La Herno della famiglia Marenzi, partendo da un paesino sul Lago Maggiore chiamato Lesa, si è consorziata con altre piccole aziende e ha aperto un negozio dall'altra parte del mondo, nel Kazakhstan dei giacimenti petroliferi e dei nuovi ricchi usciti dalle macerie del comunismo asiatico e post-sovietico. «Da soli non ce l'avremmo mai fatta - dice Claudio Marenzi - ora vendiamo i nostri prodotti ad Almati. E, presto, aprirà anche un negozio ad Astana».
Ti piacciono invece i renminbi dei confezionisti di qualità che, poco alla volta, stanno portando la moda della Cina a livelli estetici occidentali? Prego, impara la pazienza confuciana. Ne sanno qualcosa gli imprenditori comaschi della Tessitura Stamperia Luigi Verga, che ogni giorno si devono confrontare con le procedure sfiancanti e i controlli, a volte incomprensibili, che bloccano i tagli di alcune delle sete migliori del mondo, quelle realizzate nel comprensorio lariano, alle dogane della Cina: è tutt'altro che facile entrare nel mercato più dinamico del mondo, la cui industria tessile peraltro non è sempre perfettamente in linea con gli standard qualitativi e di sicurezza internazionali. «In India - dice il direttore generale Luigi Zoni - non ci proviamo nemmeno. Lì il protezionismo di fatto è ancora più esplicito. Le casse resterebbero ferme in dogana per settimane».
Sui mercati internazionali per le nostre imprese dedite all'export, dunque, non è semplice. «Dispiace - afferma Adriana Verga, figlia del fondatore dell'azienda - che, alla fine, le merci che entrano in Europa non siano adeguatamente controllate da Bruxelles». Le chiamano "asimmetrie" regolamentari e di mercato. È, semplicemente, la solitudine dei piccoli.

Tu sei piccolo. Puoi sentirti piccolo piccolo, nel mondo vasto e ostile. Perché, spesso, le leggi si intrecciano con la politica e le paure stropicciano il denaro, componendo un impasto maledettamente complicato da maneggiare. Oppure decidi di compiere la mossa del cavallo. Rinunci al tuo "particulare" e scegli la formula dei consorzi per l'export. E, così, affronti, insieme ad altri lillipuziani, i mercati internazionali, enormi Gulliver che per ora giacciono addormentati dalla crisi ma che, prima o poi, si risveglieranno. E non sarà facile prendere loro le misure.

«I controlli alla dogana in Cina sono sfiancanti. Ogni tanto congelano la merce e non sai perché. A entrare in India non ci provi nemmeno perché le casse potrebbero rimanere ferme ai punti di controllo per mesi. E perfino gli Stati Uniti, che a parole professano il libero scambio, pongono delle questioni regolamentari che sanno tanto di protezionismo mascherato».

Luigi Zoni è direttore generale della Tessitura Stamperia Luigi Verga, azienda della seta di Bulgorello di Cadorago, nemmeno 2.500 abitanti, un cimitero quasi più grande del paese, vigneti e gelsi tutt'intorno nella campagna comasca. Zoni è uno dei milioni di sconosciuti con la valigetta che, mescolando un'intraprendenza degna del miglior Enrico Mattei e una capacità d'adattamento alla Ugo Tognazzi se non alla Alberto Sordi, dalla fine del dopoguerra hanno fatto volare il calabrone italiano, insetto industriale e commerciale con arti fragili e senza materie prime, che volare non avrebbe dovuto.

«Il negozio in Kazakhstan? Vorrà dire i negozi in Kazakhstan. Ora apriamo il secondo». Claudio Marenzi, con gli impermeabili e i piumini della sua Herno, partendo da Lesa è finito ad Almati e, ora, ad Astana, steppa e deserto, pozzi petroliferi e nuovi ricchi emersi dalla fine del comunismo. Come dire, da Franco Nicolazzi, il ras socialdemocratico del Novarese e dei lavori pubblici della Prima Repubblica, a Nursultan Nazarbajev, l'autocrate che da 25 anni governa senza troppe delicatezze sui kazaki. Non male, per chi è partito da un piccolo centro appoggiato sulle colline che danno sul Lago Maggiore. «Non mi sono mosso da solo - dice Marenzi - ma insieme al consorzio Classico Italia, 18 aziende di piccole e medie dimensioni che hanno scelto di unirsi per proporre i loro prodotti sui mercati emergenti. Stiamo per esordire anche ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, e c'è l'ipotesi di fare altrettanto in India e in Brasile».
Luigi Zoni ha sposato una delle due figlie di Luigi Verga, Adriana, che con la sorella Maria Stella ha il 100% dell'azienda di famiglia, 90 addetti, un fatturato che l'anno scorso ha toccato i 16 milioni e che quest'anno, se va bene, si attesterà intorno ai 12 milioni, una cifra già raggiunta nel 2005. In un comprensorio comasco formato da 1.800 aziende, 23mila addetti, 1,5 miliardi di export e 2,5 miliardi di ricavi aggregati, la crisi c'è. Secondo la Filtea Cgil, 200 aziende hanno adoperato la cassa integrazione ordinaria e 35 stanno utilizzando quella straordinaria: gli addetti coinvolti nella Cig sono circa 6.900, quelli nella Cigs 2.800. Dunque, il 40% degli occupati è finito in cassintegrazione. Non è successo a nessuno dei dipendenti della Tessitura Stamperia Luigi Verga.

  CONTINUA ...»

17 settembre 2009
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